Il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 C.P.) punisce, con la pena della reclusione da sei mesi a cinque anni, la condotta del soggetto che utilizzi violenza o minaccia nei confronti di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio al fine di opporsi a quest’ultimo mentre compie un atto del suo ufficio.
La norma mira a tutelare la libertà del pubblico ufficiale (o dell’incaricato di pubblico servizio) nel momento in cui compie atti del suo ufficio, attività che chiaramente non deve essere ostacolata da comportamenti minacciosi o violenti da parte dei cittadini.
E’ importante infatti notare come il reato sia integrato solo se la violenza o la minaccia vengano poste in essere proprio al fine di ostacolare o impedire un atto di ufficio che il pubblico ufficiale sta compiendo (si tratta quindi di un reato a cosiddetto “dolo specifico”): al contrario nel reato di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art. 336 C.P.) ci si riferisce ad un’attività futura e ancora da compiere da parte del pubblico ufficiale, il cui compimento è ostacolato dall’attività illecita posta in essere dal colpevole.
Il reato può essere commesso anche nei confronti di un privato che – a richiesta del pubblico ufficiale – gli stia prestando assistenza per il compimento dell’atto d’ufficio.
La violenza è costituita da un comportamento di coazione fisica che impedisca al pubblico ufficiale di compiere liberamente l’atto del proprio ufficio; la minaccia è invece integrata da una coazione morale, che si esercita con la prospettazione di un male ingiusto – il cui venir in essere dipenda dalla volontà del soggetto che compie la minaccia – ai danni del pubblico ufficiale, affinché questi non compia l’atto del suo ufficio.
La Giurisprudenza ha precisato come la mera resistenza passiva (ad esempio il gettarsi in terra o il rifiutarsi di obbedire) da parte del soggetto agente non implichi attività violenta tale da configurare la resistenza a pubblico ufficiale, così come la fuga non possa essere idonea a configurare il reato (salvo ipotesi eccezionali).
Il delitto è perfezionato con la condotta violenta o minacciosa, poiché non è richiesto che tale comportamento sortisca l’effetto sperato e riesca ad impedire o ostacolare l’atto del pubblico ufficiale.